In questo nuovo podcast, ascolterete il significato di una delle parole italiane più conosciute all’estero:
ciao.
Di seguito l’articolo di wikipedia, che abbiamo letto nell’articolo.
Ciao
La parola ciao (IPA: [ˈʧaːo]) è una forma di saluto amichevole ed informale della lingua italiana, usata sia nell’incontrarsi, sia nell’accomiatarsi (in quest’ultimo caso, talvolta, si usa raddoppiato, ovvero “ciao ciao”). “Fare ciao” è l’espressione con cui ci si riferisce ad un gesto di saluto informale ottenuto agitando la mano.
Etimologia
“Ciao” è entrato nella lingua italiana solo nel corso del Novecento. Deriva infatti dal termine veneto (più specificamente veneziano) s’ciao ([ˈsʧao]), traducibile come “[sono suo] schiavo”. Si trattava di un saluto assolutamente reverenziale, variamente attestato nelle commedie di Carlo Goldoni in cui viene pronunciato con sussiego da nobili altezzosi e cicisbei; ne La locandiera, ad esempio, il cavaliere di Ripafratta si congeda dagli astanti con «Amici, vi sono schiavo».
Nonostante ciò, a partire dall’Ottocento si diffuse come saluto informale dapprima in Lombardia, dove venne alterato assumendo la forma “ciao”. Nello stesso periodo cominciò a penetrare nella lingua italiana, tanto che nel suo Dizionario della lingua italiana Niccolò Tommaseo constatava – con un certo rammarico – come anche in Toscana qualcuno cominciasse ad usare la formula “vi sono schiavo”.
Fu tuttavia la forma lombardizzata “ciao” a fare fortuna e nel secolo successivo si diffuse in tutta la Penisola[1][2].
Un’etimologia analoga ha il saluto informale servus diffuso nell’Europa centrale.